Consigli per la preparazione di un buon caffè

Consigli per la preparazione di un buon caffè

Alcuni semplici consigli per la preparazione di un buon caffè espresso

Il Barista o Barman  perfetto non esiste. O almeno  pochi possono in tutta onestà  definirsi tali. Il Barista professionista deve tenere sotto controllo tante e disparate cose contemporaneamente, dalla soddisfazione dei  clienti all’igiene del locale, dal magazzino alla cassa, dai macchinari alle mescite, ma soprattutto, all’Espresso.

E per ottenere un buon “Espresso”, ovvero la massima “Espressione” del caffè in tazza, occorre tanta passione, che all’atto pratico si traduce nella massima attenzione ai particolari ed alla cura maniacale dei  macchinari.

Una volta che la macinatura è “a posto”, bisogna sempre osservare come e in quanto tempo il nostro caffè “scende”, sennò somministreremo “ciofeche”, come Totò chiamava i caffè autarchici, al posto dell’Espresso.

Un caffè che scende velocemente risulterà SOTTOESTRATTO, quindi probabilmente con scarso gusto e aroma, poco corpo con crema chiara e ricca di bollicine. 

Ma anche il contrario deve destare preoccupazioni. Un caffè che non scende “mai” risulterà SOVRAESTRATTO, quindi amaro, con crema scura ed immancabile macchia bianca dove sono scese le ultime gocce di  caffè “carbonizzato”. In tutti questi casi, occorre rivedere la macinatura, la dose erogata, calibrare meglio la pressatura e, non ultimo, i vari parametri della macchina, pulizia compresa.

Onde evitare di arricchire gli altri baristi della zona, e di avere solo clienti che “hanno necessità del bagno”, è opportuno seguire tutti gli accorgimenti del caso, e fare tesoro degli insegnamenti, dell’esperienza e degli errori che si commettono.

 

Questo bagaglio di esperienza va tradotto in una serie di regole che, una volta apprese e memorizzate, devono essere costantemente applicate. A volte ci sente stanchi, demotivati, o si arriva perfino a pensare che il “livello” dei nostri clienti non meriti tanta attenzione.

Sarà proprio in quel momento che arriverà l’avventore più esigente, pignolo e “Gourmet” dell’anno, e se il Vostro caffè sarà il prodotto degli stati d’animo di cui sopra, ebbene Voi non rivedrete mai più la sua faccia,  angosciata e pentita di avere scelto il Vostro bar. Inoltre alla prima occasione egli farà sapere ai colleghi, agli amici e ai parenti di come gli avete “rovinato” la giornata. Perché le persone tendono a divulgare le cose piacevoli e le negatività in proporzione di 1 a 10.

Esistono le Scuole Alberghiere, i corsi di specializzazione, numerosi  testi e anche riviste tutti che insegnano l’arte del “Caffè Espresso”, ma noi, senza essere professori, abbiamo notato che…

  1. Uno sguardo al caffè in grani che ci viene fornito può dare certezze o fare sorgere dubbi sulla qualità del prodotto. I chicchi troppo piccoli, rotti o tarlati sono sintomo di un caffè poco selezionato e quindi di poco pregio. Anche il colore può fornire importanti messaggi circa una tostatura incompleta o eccessiva. Il colore giusto (cosiddetto a tonaca di frate) ma soprattutto costante nel tempo denota attenzione da parte del torre fattore che ci fornisce il caffè in grani.
  2. Quando l’erogazione del caffè non è soddisfacente (troppo veloce o troppo lenta), la causa è il più delle volte da ricercare nella macinatura. A volte basta poco per rendersi conto che qualche collega ha “manomesso” il macinacaffè,  o che le macine sono “alla frutta”, ma anche che il tasso di umidità dell’aria è variato nottetempo. Stringendo un pugno di caffè macinato e riaprendo la mano, l’impronta delle dita dovrebbe rimanere bene evidente ma con qualche crepolina nel “pressato” che ci indica un discreto grado di macinatura. Il macinato che rimane un “blocco” o che si frantuma fa capire che la macinatura non è ottimale. Ma guai a illudersi. La perfezione di quest’ultima ce la può comunicare sola la nostra macchina, facendo scendere il caffè in circa 25 secondi per 25 ml di prodotto, con la caduta a forma di “coda di topo”. Sempre che abbiamo azzeccato la dose giusta e pressato bene il caffè nel filtro.
  3. A volte ci si dimentica o si trascura completamente di pulire il bordo superiore del filtro, prima di inserirlo nel gruppo. Ciò produce una mancanza di aderenza tra filtro e guarnizione e  l’usura più rapida della stessa. Capita così a volte di trovare gocce di acqua mista a caffè sulle pareti interne o esterne della tazza,  e non c’è niente di più disgustoso in un bar del bere un caffè in una tazza sporca!
  4. Capita saltuariamente di vedersi servito un Espresso portatore di  crema perfetta e sprigionante un’aroma  sublime, ma all'atto della degustazione ci si accorge ahimè che la tazzina è ustionante. Nell’attesa che la temperatura scenda, la crema svanisce (le migliori in 3 minuti, ma a  volte basta molto meno!) e l’aroma se ne va. Peccato. Basta ogni tanto provare la “febbre” alle tazze, e che non superi di molto i 45°.
  5. La dose di caffè nel filtro deve essere il più possibile “perfetta”.  Non è possibile pretendere di azzeccarla con una battuta “e un po’” (quanto po’?) se l’erogazione appare scarsa o se il macinato è al disotto della stella del dosatore. L’Espresso in causa sarà sicuramente diverso dagli altri, o peggio saranno tutti diversi gli uni dagli altri. E il cliente penalizzato, cosa penserà? Una buona taratura del dosatore, e un controllo ogni tanto, magari con bilancina elettronica, farà sì che i nostri Espressi risultino tutti uguali.
  6. Nei bar a volte viene chiesto un caffè all’Americana o in tazza grande. La cosa peggiore da fare è riempire la tazza con il caffè erogato dal gruppo. Dopo i canonici 25 ml di caffè, che possono arrivare anche a 35 se il cliente richiede un caffè molto lungo, la sostanza emessa dal beccuccio del porta filtro cambia genere, rendendo la bevanda sempre meno “bevibile”. Sarebbe opportuno invece fare un buon Espresso, magari doppio se il cliente lo richiede, quindi colmare con acqua bollente.
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